domenica 8 agosto 2010

Compagno di sbronze, di Charles Bukowski


Sono divisa.
Ho appena letto questo libro e devo ammettere di essere rimasta un po' scioccata. Sensazioni contrastanti mi si mescolano tutte dentro. E forse è proprio questo che Bukowski vorrebbe. Vedere la gente che si danna leggendo. Ma non vorrei dare opinioni, perchè, davvero, non so nemmeno da che parte incominciare con una personalità del genere.
Ovviamente non conoscevo lo scrittore, ma una personalità così particolare traspare dalla carta, anche perchè molti racconti sono autobiorgrafici -almeno in parte-. Quest'uomo a volte sembra uno zoticone, alle volte invece un lettore sensibile molto acculturato attento a ciò che legge e scrive (e non lo escludo, data la sua laurea in un'università americana), però è anche un alcolista, un uomo promiscuo e un maleducato. Una persona, in poche parole, che vorrei solo evitare se la incontrassi per strada. Uno di quegli uomini barbuti che ti fanno paura e che non vuoi che ti si avvicinino quando sei sulla metro. Almeno, questa è stata l'impressione che ha dato a me.
Mi risulta impossibile staccare l'autore dal suo testo, perchè, almeno nel libro che ho letto io, ci è talmente invischiato da vederlo comprarire in ogni pagina. E ti chiedi sempre: sarà vero o no? Avrà tratto spunto da un'esperienza personale? Quindi ora mi ritrovo a giudicare lui, e non il suo libro.
E' sbagliato.
Compagno di sbronze è una raccolti di racconti.
Molto crudi e, credo, purtroppo, per alcune persone, molto veri. Mi hanno fatto rabbrividire, mi hanno fatto schifo alcuni, persino! Non per come erano scritti, ma per quel che vi era scritto. Parlavano di alcool, di donne crudeli e di mostri che violentavano bambine e squartavano cani. Poi, in mezzo, c'erano anche riflessioni sulla guerra del vietnam, sulla società americana dell'epoca (il famoso sogno americano), sulla letteratura e la poesia contemporanea di allora. E mi ritrovavo a ricredermi su quello scrittore.
Quando parlava di letteratura pareva di leggere un autore diverso, quando invece parlava di sbronze non aveva alcuna voglia di parlare di letteratura. Sembrava persino annoiato dalla poesia e dal suo stesso mestiere.
Non sono rimasta particolarmente toccata dallo stile. A dir la verità all'inizio mi davano sui nervi le lettere minuscole dopo il punto, ma dopo un po' mi ci sono rassegnata. Non ci ho più fatto caso e le ho accettate come particolarità sua.
Uno stile normale, un linguaggio volutamente volgare, almeno credo. Certe volte tanto ironico da far scappare un sorriso amaro.
Ma se a una persona senza troppi peli sulla lingua lascia un po' stupiti ad una prima occhiata, e forse poi si continua a leggere per curiosità, come ho fatto io, sebbene alcune cose ti rivoltino lo stomaco, per un benpensate dev'essere di sicuro il prodotto del diavolo stesso.
Curioso, ma per i miei gusti troppo crudo.
Forse sogno troppo.

Nessun commento:

Posta un commento

Ogni commento sarà bene accetto!
Grazie dell'attenzione e del tempo dedicatovi.