lunedì 13 settembre 2010

D'amore e ombra, di Isabel Allende


Sono sempre stata una fan di Isabel Allende. Ho cominciato a leggere quando ero più piccola La città delle bestie e il resto della sua trilogia fantasy (dalla quale ho saputo si trarranno presto dei film); Il regno del drago d'oro e La foresta dei pigmei. Mi erano piaciuti molto, così ho letto anche altri suoi libri. Ovviamente il classico La casa degli spiriti, e anche Eva Luna, e Eva Luna racconta, che mi sono piaciuti molto. So che non sono troppi i libri che ho letto io rispetto a quelli che ha scritto lei, ma a me bastavano per rendere Isabel Allende una delle mie scrittrici preferite.
Purtroppo, questo libro mi ha fatto riconsiderare le mie idee.

Si alternano parti adrenaliniche, emozionanti e anche calme e piacevoli da leggere -piene di aneddoti sui personaggi tipici dello stile della Allende- a parti estremamente noiose. E' curioso come sia riuscita a rendere interessanti e scorrevoli le parti di descrizioni e di storia dei personaggi e quelle di azione (soprattutto la fine). Mentre altre parti, soprattutto quelle che descrivono gli eventi, sono pesanti e addirittura noiose direi.
Ciò che riscatta il libro sono i personaggi. Ognuno di loro ha una storia dietro di sé che viene narrata con passione e influenza il suo carattere e il suo rapportarsi con gli altri, come accade nella realtà. I miei preferiti sono di gran lunga il fotografo Francisco Leal e il parrucchiere Mario. Mi è piaciuta molto la storia delle due Evangelina, unite nel destino più che nel sangue, ma proprio per questo più legate di qualsiasi parente. La storia d'amore fra Irene e Francisco, per quanto descritta con maestria, non mi ha emozionato più di tanto, o meglio, lo ha fatto -come tutto il libro del resto- a momenti alterni.
Infine: trama e ambientazione sono ovviamente strettamente legati. E' curioso come la tensione di un paese sotto regime si avverta solo verso la fine della storia, quando tutto ormai crolla. Il resto del libro è velato, nonostante denunci senza peli sulla lingua le ingustizie del regime, come le menti degli abitanti cileni di quegli anni, che preferivano voltare la testa e fare finta di nulla piuttosto che rischiare la vita (e chi li può biasimare). Non so se sia stato intenzionale, ma questa scelta mi è piaciuta.

Insomma, il mio commento finale è incerto. In questo libro a mio parere Isabel Allende ha messo il piede in fallo. Nonostante la trama sia tipica di un giallo lo stile non riesce a dare quell'impressione, ma nemmeno è una romanzo d'amore, data la trama. Lo stile è il solito della Allende che mi piace molto, ma non si adatta a questa storia in particolare.
Lo trovo scostante.

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