mercoledì 25 gennaio 2012

Virtuoso e dispotico

   Sono anni che voglio leggere “Fight Club”.
   Finalmente l’ho fatto.

   Se avete letto il libro, sapete bene che è inutile cercare di fornire una trama senza sembrare dei pazzi o senza far sembrare il libro una cazzata di dimensioni colossali. In effetti, non so neanche se questa possa definirsi una recensione vera, insomma non so neanche cosa pensare di questo romanzo.
   Ci sono delle cose, però, che mi hanno colpito.
   Credo seriamente che Chuck Palahniuk abbia qualche serio problema, anche se certo dicono che fra la follia e la genialità c’è una linea molto sottile… Non saprei dire se lui l’avesse già oltrepassata quando ha scritto “Fight Club”, o magari stava proprio lì lì per saltarla a piè pari. Comunque sia le cose che mi hanno colpito di più sono il tema della violenza e l’ideologia anticonsumistica portata all’estremo. Oltre a questo il finale è da discutere, mette una certa angoscia.
   La maggior parte della gente dice di aborrire la violenza con tutto sé stesso. Una parte della gente accetta un certo tipo di violenza, come ad esempio il bullismo, o la caccia, o che ne so io non l’avete ancora capito che sto sparando cacchiate a raffica?, troppo confusa da un argomento tanto ampio anche solo per pensare?
   La verità, credo io, è che in realtà tutti commettiamo atti di violenza ogni giorno, anche senza rendercene conto, senza volerlo, senza averlo in qualche modo programmato. Badate bene che la violenza non è solo gridare, o picchiare, o minacciare, la violenza è anche psicologica, e anche se entrambi i tipi di violenza – fisica e mentale – vanno a mio parere condannati, credo che il secondo sia un po’ più malevolo.
   Penso che scatenare la violenza a piccole dosi sia in qualche modo catartico, e in “Fight Club” questo certo viene detto, neanche tanto fra le righe. Se la nostra rabbia, la nostra frustrazione, tutte le cose negative che abbiamo dentro, non le sputiamo fuori in qualche modo, quelle si accumulano. Tutti si sfogano in maniera differente, ma un pizzico di violenza credo ci sia in tutti questi metodi. Vediamola dal punto di vista di un alieno: anche semplicemente fare ginnastica è violenza contro sé stessi; insomma me ne sto a lesionare i miei muscoli fino a che non sudo come una capra nel deserto, cosa dovrebbe pensare il mio amico alieno di me?
   Cosa succede, però, quando questa rabbia si accumula? E quando l’unico modo che c’è per farla uscire è ricorrere alla violenza consapevolmente, a tanta violenza, da usare senza cautela tutta in una volta.
   Allora si aprono i fight club.
   Quello che mi ha lasciato basita in questo libro è proprio che, in un caso estremo, ha ragione. È terrificante da immaginare, ma se qualcuno incanalasse tutta questa violenza per scopi ovviamente non bellissimi (perché è dura pensare che la violenza possa portare qualcosa di bello) che cosa potrebbe succedere? Scommetto che al mondo ci sono migliaia di persone che si sentono frustrate come il nostro Protagonista (in mancanza di un nome userò il maiuscolo per riferirmi a lui), e una parte di loro poi finiscono sul giornale perché sparano all’impazzata su un autobus, si suicidano, cercano di sparare al Papa o che so io.
   In definitiva, “Fight Club” racconta di come il mondo sarebbe se tutti decidessero di collaborare, una volta ogni tanto, per scaricare la loro folle violenza contro tutto e tutti, con un motivo diverso per ognuno. Chi non ne può più al lavoro, chi ha perso tutto, chi ha paura, chi è semplicemente annoiato. Per combattere quel che sentiamo dentro, combattiamo contro qualcun altro, senza limitazioni, e ci sentiremo meglio. Ecco cosa dice. In un angolo della mia testa, non stento a credere che abbia ragione.
   E qui arriviamo al secondo argomento che ho trovato interessante.
   Tyler Durden vuole riportare il mondo intero a un’epoca preistorica. Distruggere le civiltà, vivere senza il superfluo. Questo viene detto varie volte nel libro, viene ripetuto ancora e ancora. Inutile dire che credo che sia il pensiero di un folle, e nessuno può contestarmi perché, se lo facesse, significa che ne ha utilizzate di cose superflue per arrivare a questo misero articolo sul blog.
   Nonostante sia folle, e se succedesse qualcosa del genere rimpiangerei il mio divano comodo, il mio pc per scrivere, e milioni di altre cose, devo ammettere che la curiosità ha spesso il sopravvento.
   Immaginate di vedere una città in disastro post apocalittico, non un anima per strada, tutti rinchiusi dentro quel che rimane delle rovine a ripararsi perché sta venendo buio, e una luce non la possiamo accendere con un solo pigiare di tasto.
   Per quanto sia orribile, la cosa mi affascina in maniera pericolosa. Ho pensato un sacco di volte a come sarebbe se decidessi di mollare tutto e andare a vivere in un isola deserta. L’uomo ha più risorse di quanto ci possiamo immaginare noi ora, sosia sputati di Homer Simposon, per sopravvivere. Si attacca alla vita con i denti e con le unghie e non la molla fino a che non è al limite.

   L’ultima parte di questa recensione/pensiero: il finale del libro.
   Il nostro amico Protagonista ha perso ormai ogni potere su Tyler, e per eliminare lui si spara. Non è descritto alla perfezione che cosa accade, ma in pratica io ho capito (o forse solo immaginato) che lui rimane in coma. Siamo quindi tutti salvi? No, affatto: quel che ha creato è talmente perfetto che i fight club vanno avanti senza di lui, e continuano incessantemente ad avvicinarsi al loro scopo.
   Ho detto che questa fine mette angoscia, perché? Se mi metto nei panni del Protagonista non posso fare a meno di sentirmi impotente. È una sensazione frustrante, immaginate di capire esattamente che cosa succede, immaginate di vedere il mondo farvi ciao ciao con la mano prima di buttarsi nel baratro e di non poter fare nulla.

   Senza senso per tre quarti, il libro ti lascia senza fiato nelle ultime cento pagine. E tu Devi Continuare A Leggere. È come un ordine, leggi!
   Se lo iniziate non c’è scampo, seguirete questo dispotico ordine. Però possiamo anche ammettere che alla fine sia una lettura che porta al virtuosismo, è raro che un romanzo faccia ragionare così tanto. Non c’è conclusione logica a questi ragionamenti, ma tanto non c’è neanche nel libro per cui non dobbiamo sentirci idioti. Ci sentiamo semplicemente confusi, come se avessimo appena ricevuto un pugno in piena faccia, in mezzo ad una folla urlante, con il nostro avversario che magari è piccolo e gracile, niente scarpe e niente camicia, perché queste sono le regole del combattimento in un Fight Club.

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