lunedì 13 agosto 2012

Jane Eyre - Charlotte Bronte

   Era da molto tempo che volevo leggere Jane Eyre, perché è uno di quei classici talmente famosi e apprezzati che sono curiosa di leggere per farmi un’opinione personale. Inoltre ricordo di aver visto il film diversi anni fa, e mi piacque moltissimo.
   Ho iniziato a leggere il libro con una certa fiducia, e anche se non è certo una lettura che definirei “leggera”, e il tempo per leggere sta diminuendo a vista d’occhio, le pagine sono scivolate via come niente, con diversi stati d’animo da parte mia.



La trama
   Jane Eyre vive con la zia e i cugini; disprezzata dalla famiglia viene mandata in un collegio per signorine, Lowell. Nonostante le rigide regole dell’istituto Jane diventa una delle più capaci allieve e all’età di diciotto anni trova lavoro come governante per la pupilla di un ricco nobile, il signor Edward Rochester.
   Dopo appena alcuni mesi di convivenza il signor Rochester s’infatua di Jane, e viceversa. I due trascorrono assieme molto tempo e hanno modo di conoscersi e apprezzarsi.
   Nella casa del signor Rochester, Thornfield Hall, spesso accadono cose strane che Jane non riesce a spiegarsi: un incendio nel cuore della notte quasi uccide il signor Rochester in persona e, alla visita di un suo caro amico, quest'ultimo viene pugnalato e tutto quanto viene mantenuto segreto. In un primo momento Jane attribuisce la colpa ad una certa Grace Poole, una misteriosa serva che abita la casa. Sembra esserci un segreto a Thornfield, ma dopo qualche mese Jane è occupata da altro:
   Il signor Rochester chiede a Jane di sposarlo e, dopo un mese di preparativi, nel bel mezzo della cerimonia, un avvocato arriva a interrompere le nozze e annunciare che queste non possono essere celebrate, perché Edward Rochester ha già un’altra moglie.
   Quindici anni prima il signor Rochester aveva sposato una nobildonna che abitava nelle colonie inglesi in Jamaica, Bertha Mason. Solo dopo il matrimonio si era reso conto che la donna era una pazza e con il tempo il suo stato mentale poteva solo peggiorare. Non l’aveva fatta rinchiudere in un manicomio per pietà. Era così tornato in Inghilterra tenendo nascosta a tutti la sua sposa, affidandola alle cure di un’infermiera, la signora Poole, e tenendola chiusa in una stanza.
   Dopo aver scoperto il segreto Jane lascia Thornfield e trova rifugio nella casa di un pastore, St. John, e delle sue due sorelle. Pochi mesi dopo scopre che i suoi benefattori sono anche i suoi cugini per parte di madre, e che un loro comune zio che aveva fatto fortuna in Sud America le ha lasciato tutta la sua eredità. Jane divide il denaro con la nuova riscoperta famiglia.
   A distanza di un anno dalla sua fuga da Thornfield, tormentata dalla curiosità, Jane torna a cercare il signor Rochester. Scopre che pochi mesi dopo la sua fuga il maniero è andato distrutto in un incendio provocato nel mezzo della notte da Bertha Mason, che si è poi suicidata. Nell’incidente il signor Rochester è rimasto cieco e privo della mano destra. Jane torna da lui e i due finalmente si sposano; vivranno una vita felice e serena.

Charlotte Bronte

   Ora, cari lettori, so benissimo che per leggere certi romanzi è necessario calarsi nello spazio tempo storico dell’epoca, e vi giuro che l’ho fatto. Le seguenti lagne, infatti, non sono contro il pensiero e le usanze dell’epoca, che certo vengono a galla nel romanzo, ma sono tutte incentrate su fatti stilistici.
   Purtroppo, come potete aver intuito, “Jane Eyre” non mi è piaciuto affatto.

   Ammetto che ci sono delle cose positive nel romanzo, infatti una buona parte del libro l’ho decisamente divorata. D’altronde, come resistere all’ambientazione e alla situazione creata dalla Brontë nel libro? Immaginate di ritrovarvi in questa grande casa sperduta nel nulla, al buio in una stanza solitaria, di notte, mentre non riuscite a dormire. La luce della luna entra a sottili strisce dalle persiane e tutto tace. Ad un tratto, una risata folle e un urlo terrificante vi fanno sobbalzare nel letto!
   Forse non ho reso l’idea bene come lo fanno duecento pagine di libro, ma la situazione in cui si trova Jane (e, di conseguenza, dove ci troviamo noi lettori, se la narrazione ci prende) è quella. Incalzante, inquietante, e che decisamente incuriosisce. Insomma, un'ottima lettura.
   Una delle cose a salvarsi, nel romanzo, è la trama, su cui non ho riserve. Anzi, al contrario, credo di essere arrivata alla fine del libro solamente sospinta dalla forza della curiosità per gli avvenimenti, ma non certo dallo stile (per cui, sinceramente, non ho nemmeno intenzione di sprecare un paragrafo: lento e tranquillo, emozionante dove lo richiede, non ha nulla di diverso dagli altri libri dell’epoca) o dai personaggi.
   L’altra cosa che mi è piaciuta molto è come la Brontë affronta certi stati d’animo dell’uomo. Ho trovato estremamente veritiero come descrive l’amore dei due personaggi principali, romantico senza essere troppo idealista.

I personaggi
   A mio parere la pecca più grossa di questo romanzo sono i personaggi.
   Il mio naturale disprezzo per i protagonisti è risaputo (io sono colei che adora i personaggi secondari e quelli brutti-e-cattivi-che-vogliono-conquistare-il-mondo), ma credo di non aver mai detestato nessuno come Jane Eyre.
   In parole povere: è una Mary Sue.
   Ho mio malgrado scoperto che una delle più famose ed apprezzate eroine letterarie può benissimo essere uscita dalla fanfiction di una tredicenne in cerca di supporto psicologico virtuale. In quel glorioso momento di illuminazione ho guardato il libro come la peggiore delle piaghe della società moderna: l'origine delle Mary Sue.


   Gli estimatori del romanzo a questo punto potrebbero anche mandarmi a quel ridente paese, ma non vedo come potrebbero negare quel che sto per dire.
   Jane è una donna forte, determinata, che si prefissa un obbiettivo e fa di tutto per raggiungerlo. È anche onesta, giusta, ha un forte senso del dovere ed è intelligente e per nulla frivola. Infine è generosa, segue le regole dettate dagli uomini e si sforza di seguire quelle di Dio e del suo cuore.
   “Che c’è di male in tutto questo?”, chiedete voi, “Mi sembrano tutte cose bellissime.” Peccato che a me piacciano i personaggi un poco veritieri, e io non ho mai conosciuto né ho mai saputo di una persona perfetta in tutto e per tutto! Scommetto che nella loro grandiosità anche personaggi di un certo spessore avevano dei difetti: magari Ghandi si metteva le dita nel naso, e Malcom X parlava con la bocca piena. Ma Jane, nooo, lei no! Jane Eyre è una Mary Sue, ormai ne sono certa, e per convincermi del contrario qualcuno dovrà utilizzare delle argomentazioni più che valide, ferree.
   Gli altri personaggi sono di una piattezza incredibile, vittime, purtroppo per loro, dei cliché. In loro difesa posso solo dire che, per lo meno, gli altri personaggi hanno pregi e difetti, al contrario Jane, i cui difetti vengono da lei stessa riconosciuti, il che per assurdo la rende ancora una volta perfetta, perché si rende conto dei propri sbagli e subito rimedia.
   Molto probabilmente la Brontë, in un eccesso di zelo, ha anche dato all’infante Jane un carattere che non le si addice. Si può dire che il suo carattere non cambia mai nella narrazione: a dieci anni è uguale a quando ne ha diciannove, ed è uguale a quando ne ha trenta. Ancora una volta, incontro bambini che si comportano, ragionano e parlano come adulti! Tuttavia molto probabilmente è stato fatto con coscienza, perché l’unica bimba che si comporta effettivamente da bambina viene disprezzata, chiamata sciocca, vanesia e volgare. La cosa peggiore è che questa bambina è Adèle, l’allieva di Jane, per cui lei nutre lo stesso affetto che si prova verso un animaletto da circo.

Adèle agli occhi di Jane

Il film
   Non sono riuscita a trovare da nessuna parte il film del 1996, che tanto mi era piaciuto ma che, purtroppo, non sono mai riuscita a vedere per intero, così mi sono affidata al film del 2011.
   Non l’avessi mai fatto.


   Sinceramente, è uno dei film più noiosi che io abbia mai visto. Con tutte le possibilità che c’erano di renderlo un film avvincente ed emozionante, che ti tiene con il fiato sospeso, mi vengono a propinare una roba scialba e piatta!
   Sicuramente narrare la storia di Jane e del signor Rochester in una lunga serie di flashback doveva essere un tentativo per rendere tutto quanto più interessante, ma devo è miseramente fallito. E come si poteva sfruttare l’esistenza di Bertha Mason! Apparizioni, urla, inquietanti voci e inspiegabili avvenimenti; quanto si poteva fare per dare almeno un po’ della curiosità e dell’apprensione che suscita il libro! Invece… niente. Assolutamente niente. Bertha Mason appare sullo schermo per circa quindici secondi e non è affatto quella presenza inquietante che descrive la Brontë nel libro, è una sottospecie di autistica che anche quando ci prova non fa comunque male ad una mosca.
   Gli attori non mi hanno suscitato niente di che. Il massimo che ho raggiunto grazie alla loro interpretazione è il disgusto, quando Jane (Mia Wasikowska) piange, perché corruga il viso in un modo inumano tanto da sembrare un’uva passa.
   In fondo, però, non è colpa loro la cattiva riuscita del film: è colpa del regista. A lui sì che darei un bel premio:


In conclusione
   Ancora una volta ripeto (forse non me ne stancherò mai) che è questione di gusti, perché so benissimo che “Jane Eyre” è considerato un capolavoro. Sinceramente, lo trovo sopravvalutato.
   Vi consiglio di non leggerlo se avete una grave allergia alle Mary Sue perché, per quanto possa sembrare assurdo, una delle protagoniste più osannate della letteratura inglese, lo è.

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