venerdì 28 novembre 2014

Che paese, l'America - Frank McCourt

   Qualcuno ricorda con quanta poetica convinzione e gioia avevo recensito “Le ceneri di Angela”? Be’, ora scordatevela.
   Dire che sono rimasta delusa da questo libro è un eufemismo, e dire che non mi è piaciuto non sarebbe del tutto corretto. Che ci rimane quindi, a parte le recensione, per rimuginare meglio sul perché e il percome non consiglierei questo libro a nessuno? Soprattutto a chi ha letto la prima parte.
 
   Frank McCourt arriva a New York a diciannove anni, forte di un passato che lo ha temprato e desideroso di un futuro migliore. Sbarca in un universo del quale capisce poco, se ne sta ai margini assieme a tutti gli altri immigrati di vario genere ma sogna il proletariato.
   Dapprima invisibile ragazzo delle pulizie nella hall di un grande albergo di lusso, Frank fa la sua brava leva nell’esercito degli Stati Uniti e, quando torna a casa, ricomincia a lavorare e poi si iscrive all’Università – grazie più che altro alla sua simpatia, perché il diploma non ce l’ha. Si laurea e comincia a insegnare. Sposa una bella ragazza, ha una bella figlia, e riunisce tutta la sua famiglia – o quasi – nel continente americano.
   Sembra idilliaco, e in effetti lo è da un certo punto di vista. Frank McCourt non si ritroverà mai più a raccogliere carbone per strada per accendere il fuoco, né a patire la fame o agognare una fetta di pane fritto. Ma allora, come mai questo libro mi è così odioso?
   Come in ogni cosa, anche qui c’è il rovescio della medaglia.
 
   McCourt passa gran parte della sua infanzia, e quindi tutto “Le ceneri di Angela”, a risentirsi con il padre che si beveva lo stipendio e li aveva abbandonati a Limerick a sopravvivere con la carità. Ma non appena sbarca a New York e prende un po’ di confidenza con la città, le ragazze e lo stipendio, ecco che corre nei peggiori bar di Caracas per fare esattamente la stessa cosa.
   Traspare una sorta di invidia per i ricchi americani che lui giudica fortunati, poiché non hanno patito tutto ciò che ha dovuto patire lui in Irlanda. Frank vorrebbe essere come loro ma, quando si ritrova in mezzo a quella gente, la scopre distante e incomprensibile.
   Nella vita adulta poi, nonostante i desideri di essere un buon marito e un padre presente, diventa sì un padre affettuoso ma un marito insofferente. A questo punto non è chiaro se i coniugi McCourt si siano separati o meno, resta comunque il fatto che la vita privata dell’autore non è poi così piacevole.
 
   Se non altro non gli si può rimproverare di non essere stato onesto.
   Non sarebbe corretto da parte mia giudicare la vita, le scelte e gli errori di un altro. Qualcuno che per di più non conosco e con cui non ho nulla a che vedere. Non discuto su come Frank McCourt ha mandato avanti la sua esistenza, perché quelli sono affari suoi. Dico solo che poteva anche evitare di scrivere quest’altro libro!
   “Le ceneri di Angela” lasciava una bella sensazione. Il lettore, consapevole del fatto che si trattava di una storia vera, poteva riflettere su come, nella vita, le cose possono sempre migliorare e, con un mix di sangue freddo, impegno e fortuna, anche l’impresa che sembra più difficile può essere realizzata. Se c’è una vita da cui trarre un insegnato, era quella di Frank McCourt.
   Salvo poi per il secondo libro.
   “Che paese, l’America” riesce a mostrare, nonostante i desideri realizzati e una vita che va solo in meglio, come si può essere sprezzanti delle cose ottenute e non averne mai abbastanza. Ritengo che da leccare il giornale del fish and chips a comprare casa a New York ci sia un grosso salto di qualità. Sebbene McCourt abbia fatto questo gran bel salto, e come lui i fratelli, non sembra essere felice di ciò che ha ottenuto. 
   Qui sta la pecca del libro, perché se visto da un’ottica differente, McCourt ha vissuto quello che qualcuno potrebbe definire ‘Il sogno americano’. Lui lo ha vissuto, ma nel suo libro ha saputo mettere l’accento solo sulle brutture della vita adulta, accompagnato dallo stesso stile secco e onesto che tanto bene si era adattato ad illuminare i piaceri dell’infanzia.
 
   Tanto per essere chiari, leggete “Le ceneri di Angela”. Poi chiudete il libro e dimenticate che ne esiste il seguito.

4 commenti:

  1. Patty ho letto "Le ceneri di Angela!" e ho visto pure il bellissimo film del '99 mi sembra con la grande regia di Alan Parker...
    Non sapevo dell'esistenza di un prosieguo..Ora che mi hai informata così bene, lo eviterò sicuramente..
    Mi sono iscritta nel tuo interessante blog, sperando in un tuo gradito ricambio..
    Una piacevole serata domenicale..e grazie!
    http://rockmusicspace.blogspot.it/
















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    1. Anche io ho visto il film e mi è piaciuto moltissimo!
      Già il titolo del tuo blog mi piace molto. Ci ho dato un'occhiata giusto l'altro giorno, e ora ho proprio intenzione di iscrivermi :)
      Grazie per il commento e i complimenti!

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  2. Urca, ho appena scritto di là, nel post delle Ceneri di Angela e ora giungo qua e vedo una stroncatura! Ho letto (e riletto di recente) questo libro così come pure quello successivo che si concentra maggiormente sulla sua vita di professore.

    Io invece ho apprezzato quest'opera e non ho trovato la figura di McCourt così negativa :D
    Secondo me, se sei vissuto in miseria, andare a spendere i soldi per i bar quando finalmente i soldi ce li hai, è anche normale. Poi penso che anche la solitudine in una grande città giochi il suo ruolo. Infatti McCourt non aveva legami familiari quando andava in giro a bere.
    Da quanto si evince nel libro successivo, il matrimonio è poi finito, sembra che la moglie volesse che lui facesse "carriera", diciamo che l'avere un marito solo professore non le andava tanto bene. Poi vabbè, è chiaro che se un matrimonio finisce ci sono tante ragioni. L'impressione è comunque di una coppia non proprio tanto bene assortita già dall'inizio.
    Devo dire che non ho avuto l'impressione che lui mettesse l'accento solo sulle brutture, come mai dici così?
    Quello che invece non mi è tanto piaciuto è quando la madre arriva a New York e sta sempre da sola anche quando sta male. Con tutti quei figli nessuno che se la tenesse in casa. Quello non mi è piaciuto per niente!

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  3. Ho letto tutti i suoi libri e non ho mai intravisto un solo momento di negatività sulla vita americana, forse dura inizialmente, solo, senza appoggi, giovane, con il sogno americano in tasca, ricco di entusiasmo, in poche parole la ricostruzione interiore di un'anima ferita da un' infanzia crudele.. Lo amato tantissimo, in tuo articolo non è generoso anzi è superficiale e snob

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