venerdì 17 luglio 2015

La custode di mia sorella - Jodi Picoult

Diversi anni fa vidi il film de “La custode di mia sorella” e me ne innamorai perdutamente. Un po’ perché c’era Abigail Breslin, mia eroina indiscussa, un po’ perché la storia era particolare. Interessante, intrigante, ma anche delicata e drammatica. Amo i libri e i film che raccontano di vicende familiari e questo era quindi adatto a me, con l’aggiunta di una malattia incurabile e di una causa (datemi un avvocato e delle arringhe pungenti e mi renderete una persona felice).
Non so perché ci ho messo così tanto a decidermi di leggere il libro, probabilmente perché penso sempre che «ci sono così tanti libri e questo, in fondo, lo conosco già. Meglio leggerne uno completamente nuovo no?» Però, insomma, l’ho visto in biblioteca e non sono riuscita più a separarmene.
 
Sara e Brian Fitzgerald sono allibiti quando vengono citati in causa dalla minore delle loro figlie, Anna, che vuole ottenere l’emancipazione medica per non dover donare un rene alla sorella maggiore Kate, malata di leucemia già dall’età di cinque anni.
Anna si rivolge ad un famoso avvocato, Campbell Alexander, spiegandogli che i suoi genitori l’hanno concepita con una precisa combinazione genetica per aiutare la sorella Kate che si era ammalata. L’idea era quella di utilizzare il sangue del cordone ombelicale di Anna, e funziona: Kate va in remissione e l’incubo sembra terminato. I Fitzgerald sono di nuovo una famiglia e, con un nuovo membro a farne parte, si sentono più fortunati di prima.
Qualche anno dopo Kate si ammala di nuovo e l’unica ad essere in tutto e per tutto compatibile con lei è Anna. Comincia così una travagliata vita per i Fitzgerald, fatta di ricoveri improvvisi per Kate, ricoveri programmati per Anna, mentre il fratello maggiore Jessie viene lasciato a sé stesso.
La richiesta di emancipazione medica di Anna arriva come un fulmine a ciel sereno, che scuote il già precario equilibrio della famiglia. Dopo dieci anni di terapie il corpo di Kate sta cedendo e ha bisogno del trapianto di rene per affrontare cure devastanti quanto la malattia stessa. In base a quello che deciderà il giudice Anna potrà decidere da sola se donare o meno un rene a sua sorella, facendo la differenza fra la vita e la morte di Kate, ma anche di tutta la famiglia.
 
Il fatto di aver visto il film almeno cento volte e averlo adorato probabilmente ha smorzato un po’ il mio entusiasmo di fronte al libro, che comunque differisce per alcune cose dal film ma ho appezzato i cambiamenti (anche se sono combattuta sul finale, che non ho intenzione di rivelarvi).
Jodi Picoult
Lo stile del romanzo è scorrevole, cosa apprezzabilissima date le tematiche importanti. Se anche lo stile si fosse rivelato complesso leggerlo sarebbe stato senza dubbio più difficile, invece “La custode di mia sorella” si finisce in un battito di ciglia. Rapisce sin dalle prime pagine e non risulta mai noioso poiché presenta i punti di vista di ogni personaggio. Così facendo l’autrice ci fa capire le emozioni di tutti, il loro ruolo nella storia, e si scopre la vicenda dal punto di vista di ogni persona coinvolta.
Purtroppo la forza di questo libro è anche la sua debolezza. Infatti ogni narrazione è in prima persona, quindi vediamo le cose da un punto di vista totalmente soggettivo. Il problema è che la Picolut non si è sforzata di cambiare registro per ogni personaggio, cosa che secondo me avrebbe dotato di personalità tutti quanti. Andava fatto anche solo per essere verosimili: una tredicenne (Anna) non parla né pensa come un diciannovenne (Jesse), che a sua volta non pensa come un trentenne single (Campbell), che è ancora diverso da una madre ultraquarantenne (Sara). Dando uno stile uguale a tutti i personaggi si appiattiscono anche le loro personalità.
Mi è piaciuto leggere in maniera più approfondita dell’avvocato, la sottotrama che riguarda la sua vita è un bel diversivo in una storia che, senza qualcosa che ci faccia distaccare dai personaggi principali, risulterebbe un po’ troppo pesante.
 
“La custode di mia sorella” è un libro che consiglio a chi non si sgretola di fronte alle storie drammatiche, perché è onestamente molto triste e fa indignare molto spesso. Il problema è che la nostra indignazione resta dentro di noi, non possiamo fare altro che leggere per farcela passare, sperando che il nostro personaggio preferito abbia una sorta di rivincita. Il libro offre inoltre interessanti spunti di riflessione riguardo alla linea di confine fra ciò che è giusto fare e ciò che siamo disposti a fare. L’etica non è mai un argomento facile.
A posteriori posso comunque dire che ad avermi emozionata di più è stato il film. Forse perché l’ho visto per primo, ed era una totale novità per me, tuttavia penso che lo riguarderei volentieri, mentre il libro… è stato bello finché è durato, ora è finito e non credo che lo rileggerò.
 
Una scena tratta dal film,
i fratelli Fitzgerald.
 

2 commenti:

  1. A me è successa esattamente la cosa opposta. Ho adorato il libro così tanto e nonostante la tristezza del finale. Quando sono arrivata a vedere il film e ho visto che hanno cambiatola fine inceramente ci sono rimasta malissimo :( E' una storia così forte nella sua asprezza, di battaglie vinte e perse, di rinunce e piccole gioie. Una storia che parla anche di libertà. Mi ha fatto piacere leggere la tua recensione :) E' bello confrontarsi. Un bacio.

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  2. Ci ho messo una vita a rispondere (e, mea culpa, non perché sono in vacanza)!
    La storia mi è piaciuta moltissimo e secondo me entrambi i finali sono belli e portano tutti e due e ragionamenti diversi ma ugualmente intensi.
    Una delle cose belle di seguire i blog, comunque, è proprio quella di confrontarsi ;)

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