sabato 6 febbraio 2016

On writing - Stephen King

Il Fidanzato questo Natale mi ha regalato “On writing”, e ha azzeccato tutto ciò che poteva azzeccare. Quale regalo migliore per un lettore, di un libro? E per un estimatore di Stephen King, un romanzo di Stephen King? E per un aspirante autore, un manuale di scrittura? Ecco, “On writing” incarna tutto questo in un paio di centinaia di pagine!
Leggerlo è stato divertente, istruttivo, illuminante, interessante. Uno stile diverso da quello dei romanzi, giustamente, ma non perché si tratta di un manuale ci troviamo davanti ad un testo noioso, prettamente didattico. Leggere “On writing” è stato come prendere fiato per prepararsi ad un’apnea di concentrazione, saltare dal trampolino e rendersi conto che si è atterrati su una collina ricca di aria fresca.
Ho trovato bello il fatto di aggiungere una parte riguardo alla vita dell’autore, perché oltre ad essere spassosa ti fa anche pensare a come tu ti sei avvicinato alla scrittura. Motiva molto, si innesca una catena di ricordi, legati a sogni, speranze, legate al fatto che sì, amo scrivere, ed è proprio quello che farò non appena chiuso questo libro.
Consiglio di leggerlo a chiunque abbia questo sogno nel cassetto, o anche fuori dal cassetto e stia cercando di renderlo reale. Non è tecnico come altri manuali, tuttavia di manuali tecnici che ne sono a bizzeffe. E dato che la scrittura è anche una questione di cuore è bello che ci sia anche un manuale che lo dice chiaro e tondo.
 
Leggere tantissimo, scrivere tantissimo
Può effettivamente sembrare scontato, ma va detto. Se si vuole scrivere non si deve essere lettori pigri, perché dai romanzi altrui si può apprendere moltissimo. Inoltre ci sono autori che ispirano, che danno esempio, e leggerli è il primo passo per poi produrre qualcosa di nostro. Prima di amare la scrittura si deve imparare ad amare la lettura.
Per scrivere un libro, poi, si deve scrivere. Anche questo può sembrare scontato. Quel che consiglia King è di non aspettare l’ispirazione, non sperare che la prima stesura sia perfetta, cominciare a mettere per iscritto una parola dopo l’altra, anche quando non ci convince, anche se non ci sembra il massimo o quando ci siamo spremuti come un limone per dieci misere righe. Continuare, perché prima o poi la storia uscirà da sola, andremo avanti portati dall’entusiasmo, dalla voglia, dalla curiosità. Se invece non scriviamo niente, nulla potrà andare avanti.
 
Scrivere qualcosa che ci piace
Penso che questo consiglio sia seguito un po’ da tutti in maniera automatica. Ovviamente è meglio scrivere di qualcosa che ci appassiona, perché lo faremo con la voglia di arrivare alla fine.
Credo che un autore alla prime armi voglia scrivere perché si è innamorato di un genere o uno stile, e la prima cosa che si fa è voler emulare quel che abbiamo amato. Forse inconsciamente, o forse proprio con l’intenzione di fare un omaggio.
 
Vocaboli spontanei e vocabolario adatto
La poetica non è qualcosa che appartenga molto a King. Certo è evocativo, ma non è particolarmente poetico, utilizza un linguaggio immediato, conciso, senza fronzoli. Può piacere o non piacere, questa è solo una questione di gusti.
Nella sua esperienza – che direi è vastissima, più di così non possiamo chiedere insomma – consiglia di usare il vocabolario che siamo abituati ad usare tutti i giorni. Solo perché stiamo scrivendo un libro non significa che dobbiamo adottare termini più bassi o più alti di quelli a cui siamo abituati. È giusto cercare le parole più adatte, infatti il dizionario deve essere sempre alla mano, ma non volere a tutti i costi una parola astrusa solo perché è astrusa, o per farci belli agli occhi del lettore. Nessun lettore, leggendo dei vocaboli ricercati, penserà “Ma tu guarda che bravo Pinco Pallo, è così colto!”.
Inoltre dobbiamo ricordarci di utilizzare un vocabolario adatto alla situazione e ai personaggi, perché un contadino nato negli anni ’30 non potrà mai parlare come un ragazzino del ’70.
 
Verosimiglianza
Altrove, non in questo manuale, avevo letto che King consigliava di ascoltare le persone quando parlano fra loro, nei bar, nei negozi, o attingere alla propria esperienza personale quando si deve scrivere un dialogo, per fare sì che sia il più realistico possibile. Infatti uno dei suoi consigli è di rendere i dialoghi veri, perché non c’è nulla di peggio che leggere dei dialoghi terribili in un bel romanzo.
Allo stesso tempo dobbiamo fare attenzione a rendere le azioni dei nostri personaggi verosimili, dare loro le giuste leve per reagire e costruire la trama. Oltre che rispettare la realtà intorno alla quale costruiamo la nostra storia.
 
Non pianificare
Un consiglio che io, onestamente, non credo seguirò, è questo: non pianificare la trama, lasciare che si sviluppi da sola piano piano.
Ora, io scommetto che ci sono autori che sono capacissimi di farlo, ma io non sono uno di quelli (come se fossi un autore, oh! *sbarella*). Ci ho provato, immaginando appunto che le cose sarebbero andate avanti da sole, ma non è stato così. Però immagino che, se si vuole, si può provare questo metodo e vedere che ne esce.
Per me non funziona, ma per voi, chissà…
 
 
Trovare un significato, non partire dal significato
Mi piace che le storie abbiano un significato, un messaggio da passare, e non siano meri racconti. Però è anche vero che ognuno legge nei libri il significato che vuole, quindi voler dare un certo significato ad una storia non è così facile come può sembrare.
Trovo che questo consiglio sia molto azzeccato, per una questione molto semplice. Tutti noi abbiamo opinioni sul mondo che ci circonda, e se vogliamo scrivere un romanzo ci portiamo dietro quel bagaglio di esperienze, idee e appunto opinioni che abbiamo tutti i giorni da quando apriamo gli occhi al mattino. Cercare un significato prima di scrivere un libro è come tentare di bere il latte di cocco senza aver prima rotto il guscio.
Il significato c’è, non è quello il problema, perché diamo significato a tutto nella nostra vita. Ma nella nostra storia dobbiamo scoprirlo man mano, dobbiamo rompere il guscio e tirarlo fuori, perché è sempre stato lì nella nostra mente. Gettarlo nel libro, anche in maniera inconsapevole, è inevitabile.
 
Seconda stesura = prima stesura – 10%
Non c’è molto da dire su questo, mi sembra chiaro. King tende a tagliare, in revisione. Io penso che dipenda da molti fattori e scommetto che ci sono ottimi autori che invece di togliere qualcosa aggiungono testo, alla seconda stesura.
Dobbiamo solo capire che tipo di autori siamo. (Io taglio.)
 
Scrivere perché…
L’ultimo consiglio di questo manuale, al quale viene dedicato un capitolo intero, è quello che può sembrare più ovvio. Oggi però, in un mondo in cui esiste il self-publising (che non nego sia una grande idea e di certo non è nato per caso, ma come tutto ha i suoi risvolti positivi e negativi), è bene ricordarlo.
Non scrivete per rendere il posto un mondo migliore, per i soldi, per dimostrare agli altri qualcosa, perché sembra facile. Scrivete perché amate farlo. Perché tutto di quel processo vi affascina e vi fa sentire bene, perché è ciò a cui pensate con più entusiasmo!
Se si scrive così, allora è la cosa giusta da fare.

7 commenti:

  1. Ho amato molto On Writing. Continua a considerare King uno scrittore anomalo, con una vera e propria compulsione alla scrittura, per cui alcune parti sull'ideazione (il non pianificare, lo scrivere continuamente almeno 5000 parole al giorno...) non credo che siano replicabili da tutti. Invece la parte sulla revisione, pur con i distinguo legati al fatto che lui comunque scrive in inglese e penso che la nostra lingua abbia una sua specificità da rispettare, l'ho trovata davvero illuminante.

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    1. Sicuramente è anomalo, e penso anche che lui abbia iniziato a scrivere 5000 parole al giorno quando aveva ormai raggiunto una certa stabilità economica da permettersi di considerare la scrittura il suo lavoro a tempo pieno.
      Ho trovato utile anche io la parte riguardo alla revisione, e interessanti quelle sul processo creativo di un autore, che può essere diverso per ognuno, però mi piace il fatto che dica chiaro e tondo che, per scrivere, si deve essere motivati e impegnarsi davvero, non è un semplice passatempo.

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  2. Lo lessi per la prima volta anni fa e lo trovai utilissimo e fonte di ispirazione. Questo post ha fatto scattare in me un bisogno impellente di correre in libreria a comprarlo, dato che non ce l'ho fisicamente >_< entro domenica sera dovrà essere mio, insomma!
    Credo che il discorso sulla pianificazione in particolare sia davvero molto soggettivo. Ho scritto un post a riguardo, che pubblicherò più avanti. In sintesi, pur avendo un percorso in mente, più di tanto non riesco a pianificare. Per esempio, non potrei mai scrivere una scaletta fin dall'inizio con gli avvenimenti di ogni capitolo. So dove voglio condurre il lettore, ma la storia nei suoi dettagli mi si dispiega davanti mano a mano.
    p.s che meraviglia questo post! mi ha messo addosso una voglia pazza di scrivere (oltre che di fiondarmi in libreria)

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    1. Ahah, bravissima! xD
      Sono curiosa di leggere il tuo post sulla pianificazione dei romanzi, penso che tutti abbiano un'idea leggermente diversa e mi incuriosisce leggere delle esperienze 'scrittevoli' altrui.
      Sono contenta che questo post ti abbia fatto venire voglia di scrivere *.*
      Ogni volta che sentirai la voglia venire meno pensa a tutti i consigli di On writing e tutti i romanzi belli che hai letto!

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  3. Prima o poi dovrò decidermi a leggere questo testo: lo hanno letto molti amici che amano scrivere, e me lo hanno consigliato tutti!

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    1. Te lo consiglio anch'io! Ripeto, ci sono testi molto più tecnici, che sicuramente servono e sono utili. Questo è qualcosa di differente che non saprei se collocare più fra i manuali o le autobiografie. Tuttavia è interessante fa venire voglia di mettersi all'opera :)

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