martedì 10 gennaio 2017

Colpa delle stelle – John Green

Arrivo sempre in ritardo con i best seller, e questo non ha fatto eccezione. Avevo adocchiato questo libro tempo addietro e, ad un tratto, nel web ho visto esplodere la sua fama. Solo dopo parecchio tempo mi sono decisa a leggerlo.
Conosco l’autore, John Green, da una decina d’anni. I suoi romanzi scritti a quattro mani, in collaborazione con autori di libri per ragazzi molto conosciuti negli USA, sono alcuni dei primi che mi hanno fatta discostare dal genere fantasy, in un periodo in cui il fantasy cominciava ad andarmi stretto e mi guardavo attorno in cerca di qualcos’altro. Avevo quattordici anni e le storie di Green si avvicinavano così tanto alla storia d’amore che sospiravo per avere, che alla fine ho amato i suoi libri.
Quando ho preso in mano questo romanzo una parte di me sperava di potersi immergere di nuovo in quella nube rosa, un po’ opaca, che avvolge un po’ tutti durante l’adolescenza. Volevo sentire il cuore palpitare senza riserve, struggermi un po’ di fronte al romanticismo acerbo, idealizzato, se vogliamo puro, che abbiamo solo a sedici o diciotto anni.
Purtroppo non è stato così. Quindi questa recensione serve in pratica a spiegarvi come mai l’amatissimo “Colpa delle stelle” non mi è piaciuto e, anzi, mi ha proprio fatta arrabbiare.

Hazel Grace Lancaster ha un cancro alla tiroide al quarto stadio, con “una nutrita colonia satellite nei polmoni” che le impedisce di respirare. Per questo motivo deve sempre avere con sé una bombola di ossigeno che le consenta di sopravvivere. Al gruppo di supporto che ha iniziato a frequentare per far contenti i suoi genitori conosce Augustus Waters, un sopravvissuto ad un osteosarcoma che lo ha restituito alla sua famiglia più allegro ed entusiasta di prima, anche se con una gamba in meno.
Un po’ per il suo fascino, un po’ per il suo carattere, Hazel si infatua subito di Gus e, dopo aver superato diversi ostacoli medici e non, fanno un viaggio ad Amsterdam per conoscere Peter Van Houten, autore di “Un imperiale afflizione”, il libro preferito di Hazel. Dato che il libro si interrompe a metà di una frase, a simboleggiare l’imprevedibilità della vita, la ragazza vorrebbe delle risposte sulla fine del romanzo, che narra di un’adolescente malata di cancro. I due scoprono però che Van Houten è ormai un uomo perso, alcolizzato e incattivito dalla vita, e si godono il loro viaggio senza più pensare a lui.
Augustus rivela ad Hazel di aver fatto dei controlli medici e di essere di nuovo malato. Al ritorno a casa Gus inizia la chemioterapia e altre cure sperimentali, che tuttavia non hanno effetto. Il ragazzo muore dopo molte sofferenze.

Avevo visto il film “Colpa delle stelle” perché un’amica che di solito non ama i film romantici – come me, d’altronde – mi aveva detto che era carino. L’ho guardato, ed era davvero carino! Mi è piaciuta la storia, la morale che vi ho trovato, gli attori e la comicità sottile. Mi aspettavo che il libro fosse molto più di questo e, forse, proprio per questo motivo mi ha delusa. Ho investito sin troppe speranze in lui.
Questo libro è pessimista dalla prima all’ultima pagina, a partire dalla sua protagonista.

Hazel è una ragazza matura, poco incline a raccontarsi favole sulla sua vita perché sa che prima o poi dovrà morire. Ha deciso che non vuole causare più dolore del necessario, quindi limita le sue amicizie a mere conoscenze e fa tutto quello che i suoi genitori vogliono per renderli felici.
Molti forse hanno visto schiettezza nei modi di Hazel, io ci ho visto cinismo e anche una piccola dose di bastardaggine. Capisco che lei voglia essere onesta con le persone che la amano, ma non sopporto che si rivolga ai suoi genitori facendogli notare bruscamente che prima o poi lei morirà e loro rimarranno soli e tristi, e non sopporto che dica al suo fidanzato morente che è inutile sperare di fare grandi cose nella vita, che tanto sta morendo.
Hazel per prima dovrebbe sapere che cosa si prova a covare ancora della speranza, la speranza che ha anche lei di guarire e vivere. Perché deve distruggere quella degli altri, persone che lei dice di amare? Quando una situazione è disperata tutti se ne rendono conto, nel libro sappiamo bene che Augustus morirà, lo sa lui, lo sa Hazel, lo sanno i suoi parenti, quindi è inutile anche distruggere le sue ultime speranze. A cosa serve farlo? Per non farlo illudere troppo? Sognare è l’ultima cosa che gli resta. Morirà, e nessuno sa che cosa succederà dopo alla sua anima, sempre che ne abbiamo una, quindi perché togliergli l’unica felicità che può avere nei suoi ultimi giorni? La possibilità di sperare, sognare, illudersi. Pensieri sciocchi, ma che non fanno male a nessuno.

John Green
Il personaggio di August era il mio preferito. Un giovane idealista, convinto che avrebbe cambiato il mondo facendo qualcosa di grande! Non siamo un po’ tutti così a diciassette anni? Almeno una volta nella vita pensiamo che avremo l’opportunità di fare qualcosa di importante, di diventare famosi e amati da tutto il mondo, e solo con il tempo ci rendiamo conto che la maggior parte di noi sarà incasellata nella società e ci sono pochissime probabilità di uscire dalla propria casella. Tuttavia l’esperienza ci insegna ad apprezzare i piccoli gesti di coraggio che ci sono richiesti tutti i giorni, le azioni eroiche che non cambiano il mondo ma fanno bene a noi e ai nostri cari. Quella casella che alcuni trovano angusta può così perdere d’importanza fino a scomparire.
Augustus non vive abbastanza da imparare questa lezione, ma il suo personaggio è talmente puro e pieno di ottimismo e gioia che mi ha conquistata.
Alla fine del libro Hazel lo ha reso come lei. Lo ha reso una di quelle persone che, quando si sogna in grande, affonda le tue speranze con una sola frase jolly a cui nessuno può ribattere: «Tanto è inutile. Prima o poi moriremo tutti». Bene, è vero. Ma mi riservo ancora il diritto di vivere, dato che sono viva. Di godere di tutte le cose buone e belle che ci sono e prendere anche quelle cattive, così potrò capire la differenza. E chi se ne frega se alla fine morirò! Di certo non renderò la mia esistenza piatta, come la protagonista di questo libro insegna, solo perché so che accadrà.
Io sono dalla parte di Augustus Waters, e non capisco come delle gente abbia potuto trovare romantico il rapporto fra lui ed Hazel. Il modo in cui lei lo schiaccia e distrugge tutto ciò che di bello esiste in lui mi ha oltremodo infastidita! Passiamo un libro intero a bearci della battute di Gus, del suo modo di fare curioso, come se fosse su un palcoscenico, del suo carattere estroverso che mette allegria a tutti. Alla fine lui però muore, ed è diventata una persona sterile, triste, perché anche se cerca di non darlo a vedere ha smesso di chiudere gli occhi e sognare in grande, anche solo per quel poco tempo che gli resta.
Perché tanto a che serve?

Una buona parte del libro vuole criticare quel buonismo che prende tutti noi quando una persona viene a mancare. Quando qualcuno non c’è più allora si dimenticano i suoi difetti e si ricorda solo quanto era meravigliosa. Tutti coloro che l’hanno conosciuta, anche solo superficialmente, si dicono enormemente rattristate e scuotono la testa sconsolate. Sì, è sbagliato, a mio parere è irrispettoso e un po’ sciocco comportarsi così, ma detesto ancora Hazel che si arrabbia con queste persone che ricordano Gus e soffrono per la perdita nell’unico modo in cui possono farlo.
Qui il libro lascia un messaggio che condivido: i funerali sono per i vivi, non per i morti.
Tutto ciò che facciamo e diciamo quando qualcuno viene a mancare è, per la maggior parte, facciata. Ma è necessario, perché in un momento di turbamento tale l’unica cosa in cui possiamo forse trovare un minimo di conforto è sapere che le cose andranno in un certo modo, un modo programmato. Quindi ci vestiamo a lutto, ascoltiamo l’omelia e ci facciamo a vicenda le condoglianze.
Alla morte di Augutus la protagonista è disgustata dai messaggi di condoglianze sulla pagina facebook del ragazzo, tanto da rispondere a uno di quelli con una frase che di sensibile e rispettoso ha ben poco. La sua frase viene ignorata e alla fine si perde nel marasma di commenti. Sceglie in seguito di non leggere il discorso, profondamente toccante, che aveva preparato per Augutus e che gli aveva letto quando era ancora in vita, ma fa un discorso tranquillo, prevedibile forse, ma che accontenta i presenti proprio per la sua normalità.
Meglio così. La memoria di chi non c’è più non verrà sigillata nell’ora e mezza in cui il prete ha parlato, ma continuerà con noi. Quindi meglio far passare i funerali il più in fretta e piattamente possibile.

Rimane il fatto che, anche con questo piccolo gesto alla fine del romanzo, ho detestato Hazel con tutte le mie forze. Arrogante, si sente superiore a tutto e tutti perché sa che prima o poi morirà, come se questo ti rendesse in qualche modo più consapevole. L’unica cosa che la salva in extermis è il fatto di avere sedici anni, giusto perché a quell’età alcuni sono spocchiosi non per scelta ma a causa degli ormoni. Ma anche così, non mi è piaciuta.
Passerò molto tempo a chiedermi come ha fatto questo libro ad avere successo, come alcuni hanno giudicato romantica la storia dei protagonisti e perché a qualcuno dovrebbe piacere una ragazza che ti dice che “stai per morire, inutile raccontarsi storie”.
Ma il magico mondo dell’editoria raramente risponde a queste domande.

Vi consiglio il film, il cui messaggio può essere riassunto nella frase sopra.

4 commenti:

  1. Ciao! Io lessi questo libro un paio di anni fa è proprio non lo digerii. I personaggi, la storia, insomma ho trovato tutto tirato è quasi scritto per far commuovere. Uno di quei libri quasi intoccabili solo perché ci sono dei ragazzini malati terminali. non mi è piaciuto. Ma ogni tanto andare contro bene! Concordo pienamente con la tua recensione

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    1. Menomale, allora non sono l'unica!
      In effetti mi sentivo un po' malvagia a recensirlo così male, e pensavo che sarei stata tacciata di insensibilità xD Ma sono d'accordo con te: qualcuno che va contro al pensiero della massa ogni tanto va bene!

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  2. Io invece l'ho trovato onesto e per niente "paraculo", diciamo così. Il cancro viene raccontato non da terzi, ma da chi lo vive. E questo credo renda autentica la storia e le storie dei suoi protagonisti.
    P.S. felice di scoprire il tuo blog. ;-)

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    1. Credo che la penserei come te se leggessi un libro del genere scritto da qualcuno che ha veramente affrontato la malattia (ora mi vengono in mente solo i libri di Tiziano Terzani, che ha letto mia mamma e ha sempre detto essere bellissimi). Il fatto è che "Colpa delle stelle" è una storia di fantasia, quindi non riesco a considerarlo onesto sotto quell'aspetto.
      P.S. Grazie per i complimenti al blog (anche io ho dato un'occhiata a CriticissimaMente)!

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