mercoledì 15 febbraio 2017

I miserabili vol. I - Victor Hugo

Avevo la mezza idea di leggere questo romanzo e scrivere una recensione come faccio di solito, poi mi sono fermata. Ho tre volumi di fronte a me e già il primo mi ha dato del filo da torcere. Gli altri due sono più lunghi.
Ho deciso di intervallare la lettura dei volumi con altri libri, che fossero il più lontano possibile dai classici. Non che non abbia apprezzato “I miserabili”, al contrario, ma ho bisogno di respiro fra una miseria e l’altra.


Monsignor Benvenue è Vescovo in una piccola cittadina di campagna. Avrebbe la possibilità di arricchirsi e vivere da nobile, ma preferisce donare tutto ai poveri e tenere per sé solo lo stretto indispensabile. Non c’è persona che egli non perdoni, è benvoluto da tutti e la sua porta è sempre aperta. Le uniche ricchezze che ha sono dei bei candelabri, che usa per far luce all’ora di cena, e delle posate d’argento.
Una sera giunge alla sua porta un uomo stanco e affamato che dice di chiamarsi Jean Valjean. Egli è stato appena liberato dai lavori forzati, cui era stato costretto diciannove anni prima per furto con scasso. La pena si è poi allungata dati i numerosi tentativi di fuga dell’uomo, che voleva tornare dalla sua famiglia. Aveva tentato di rubare per la sorella e i suoi figli, che morivano di fame.
Jean Valjean mangia alla tavola del Monsignore, beve il suo vino e si corica sul letto che gli è stato offerto, stupito dalla bontà dell’uomo. Nel paese infatti nessuno, né l’hotel né la taverna, avevano voluto ospitarlo, nonostante avesse il denaro per pagare. Nella notte, guidato dalla rabbia, Jean Valjean si approfitta dell’ospitalità del Vescovo e ruba i candelieri e l’argenteria ma, quando viene catturato e portato di fronte a Monsignor Benvenue, questi si comporta come se egli avesse fatto dono di quegli oggetti a Jean Valjean. Questi rimane colpito dalla bontà del Vescovo e giura a sé stesso di diventare pio e benevolo come lui.

Fantine è una ragazza bella e giovane, che ha consacrato il suo amore all’uomo sbagliato. Rimasta incinta e abbandonata, Fantine lascia Parigi e decide di tornare alla sua città natale, che nel frattempo ha avuto una rinascita economica grazie ad un uomo che ha investito nelle fabbriche, ha avuto successo e in seguito è stato nominato sindaco.
La ragazza sa che una figlia avuta fuori dal matrimonio le impedirà di trovare lavoro, così decide di lasciare la piccola Cosette ad una coppia, i Thenardier, che hanno una taverna nel paese vicino. In cambio di una grossa quantità di denaro questi accettano, promettendo di trattare bene Cosette.
Il segreto di Fantine viene presto scoperto e lei viene licenziata. Cerca di guadagnarsi da vivere in altri modi, mentre i Thernardier continuano a chiederle denaro. Fantine vende ad un barbiere i suoi bei capelli biondi, poi si fa cavare i denti bianchi, e infine decide di vendere sé stessa e diventa una prostituta.

Nella cittadina abita un poliziotto inflessibile, che ha dubbi sul sindaco della città. Quest’ultimo è generoso, coraggioso, aiuta i poveri e anche coloro che non lo hanno in simpatia. Il poliziotto Javert non ha comunque torto, perché il sindaco non è altri che Jean Valjean, che nasconde la sua identità e cerca di adempiere alla promessa fatta a sé stesso.
Scoperta la storia tragica di Fantine il sindaco cerca di aiutarla ma, nel frattempo, viene a sapere che un uomo, arrestato con l’accusa di furto, è da molti creduto Jean Valjean e per questo la sua pena verrà prolungata. Dopo molti dubbi il sindaco decide di salvare l’innocente e rivela la sua vera identità, ma non riesce a salvare Fantine, che muore a causa di un male che la affliggeva da tempo. L’uomo aveva promesso di riportarle la piccola Cosette, che i Thenardier tenevano in uno stato di miseria, ma viene arrestato e condannato all’ergastolo e ai lavori forzati.

Passano diversi anni ma Jean Valjean non si è dato per vinto. Ha la coscienza pulita perché ha fatto ciò che è giusto e sa che la pena è immeritata, inflitta solo perché il suo nome gli porta discredito, anche se la sua anima è cambiata. Non starà quindi alle leggi del mondo in cui vive. Finge la sua morte, recupera del denaro che aveva nascosto tempo prima, e salva Cosette dalla tirannia dei Thenardier.
I due raggiungono Parigi, cercando di lasciarsi alle spalle il loro passato.


Ad essere onesti, non credevo di potermi appassionare così tanto ad un autore che conosco così poco. A scuola non ho studiato Hugo, nonostante sia uno dei più importanti romantici della letteratura, e tutte le informazioni che ho reperito sono frutto di una ricerca su internet, fatta più per curiosità che per necessità. Da quel poco che ho letto però ho capito come mai Hugo si sia avvicinato a certi temi, il perché delle digressioni politiche, e ho anche avuto modo di apprezzare la figura storica che è stato. Ho scoperto che oltre ad essere stato un letterato è stato anche politico, filantropo e una figura di riferimento per gli artisti e per il popolo. Da come ne parlo avrete capito che mi sta simpatico.
Le sue idee sono meglio riflesse in questo romanzo senza troppi giri di parole, idee che potremmo analizzare anche oggi e trovare attuali; forse proprio per questo ho apprezzato il romanzo. I personaggi devono affrontare una società che gli è nemica, devono combatterla e quasi mai ne usciranno vincitori.
Potremmo trovare moltissime analogie fra ciò che succedeva all’epoca in cui si svolge il romanzo e alcune situazioni dei giorni nostri e questo è indice di una scrittura a mio parere molto intelligente, che può diventare universale in quanto tratta un tema che non smetterà mai di esistere. Da non confondere con una scrittura lungimirante, perché la storia e i suoi meccanismi sono strettamente legati alla sua epoca e non volutamente guarda al futuro, al contrario a me sembra che abbia guardato al passato e abbia trovato un punto di incontro – molto infausto, non c’è che dire – che unisce tutte le epoche.

“I miserabili” presenta le ingiustizie di cui il povero, l’ignorante e anche lo sfortunato sono vittima. Racconta come povertà e paura possono rendere un uomo audace al punto da compiere cattive azioni che, se punite, renderanno la persona ancor più rancorosa, se accettate o ignorate, più spavalda e pericolosa.
Hugo non difende queste persone ma condanna la società che li mette nelle condizioni di dover compiere atti estremi per sopravvivere, denuncia poi come questi vengono allontanati dalle persone, di modo che per loro diventi impossibile guadagnarsi da vivere – vedi il protagonista, Jean Valjean. Così si viene a creare un circolo vizioso, in cui coloro che una volta hanno commesso un crimine sono portati a rifarlo, ancora e ancora, e a subire la stessa punizione all’infinito, che sia la condanna penale o morale – o entrambe. Allo stesso modo denuncia lo sfruttamento dei più ingenui e indifesi, condanna la cecità dell’uomo, la sua fame di odio, perché un redento che ha pagato per i suoi errori e cerca di rimediare verrà sempre visto e perseguitato, perché la gente non dimentica la malvagità e la ripaga con altra malvagità, mentre al contrario dimentica in fretta la benevolenza.
Non si pensi però che l’autore difenda a spada tratta questi personaggi, egli riconosce che esiste una fetta di persone malvagie, che nonostante la possibilità di vivere nell’onestà scelgono la via più buia per avidità, o per semplice cattiveria – come i Thernardier – e questi li condanna come le peggiori persone.

Aldilà di queste sopraelencate, che possono essere opinioni, ciò che rende “I miserabili” un libro vicino a chiunque è l’analisi dell’animo umano. Forse la parola analisi non rende bene l’idea, fa pensare ad un processo unicamente scientifico, ma non è solo quello. Hugo studia la persona tramite i suoi personaggi, ne rivela ogni sfumatura, dalla più oscura alla più radiosa. Lo fa in modo così preciso che in un primo momento ci viene da pensare che si tratti sì di una ricerca accademica, la materia trattata però rende l’analisi instabile, imprevedibile, sorprendente – nel bene e nel male.
Questo è quello che rende il libro intramontabile, perché forse oggi la società è diversa e non è diffusa come allora la necessità di rubare perché si ha fame, di ingannare perché si ha paura, di essere malvagi perché non si ha altra scelta. Oggi abbiamo altri mali, ma rimaniamo persone così come Hugo ci ha descritti.

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