venerdì 10 novembre 2017

La ballata di Adam Henry – Ian McEwan

Ci sono autori che mi incutono soggezione, al punto da essere dubbiosa se leggerli o meno. Penso che siano difficili, che serva una particolare conoscenza per capirli e apprezzarli, e ogni volta che inizio un loro libro ho paura di non essere all’altezza. Probabilmente sono intimidita dalle critiche positive ricche di paroloni, o dal fatto che abbiano vinto premi importanti, o anche dai temi trattati nei loro romanzi e mi dico, «Sì, adoro leggere, ma lo faccio per svago».
In questo modo ho affrontato Don DeLillo, con “Zero k”, e ne sono rimasta perplessa e un po’ delusa. Questo era lo stato d’animo con cui mi sono avvicinata a Ian McEwan, scegliendo un romanzo la cui trama trovavo interessante, ossia “La ballata di Adam Henry”, credendo che in questo modo avrei avuto meno difficoltà. Ho cominciato a leggere piena di dubbi e, in poco tempo, mi sono scoperta totalmente assorbita da questo libricino sottile.
A voi la trama (completa, quindi se non volete spoiler non leggete oltre, sciocchi!

Il giudice Fiona Maye lavora alla Sezione Famiglia dell’Alta Corte Britannica e, per arrivare dov’è adesso, ha dato tutto. Assieme al marito Jack, docente di lettere all’università, ha raggiunto una vita stabile e tranquilla, fatta di piccoli riti quotidiani, tenerezze, una bella cerchia di amici e parenti. Unico cruccio è stato non aver avuto figli, né essersi decisi per l’adozione, ma per Fiona è ormai un capitolo sorpassato che torna ogni tanto a farsi sentire, ma mai con decisione.
La narrazione si apre una sera, nell’appartamento della coppia. La protagonista sorseggia uno scotch, senza sapere come reagire alla confessione del marito, che le ha appena rivelato di averla tradita con una donna più giovane. Nel bel mezzo della litigata con Jack, che le rinfaccia di essersi allontanata e di essere diventata fredda con lui, Fiona riceve un’urgente telefonata di lavoro.
Il giorno dopo, ancora turbata dalla situazione a casa, incontra i signori Henry, contro i quali l’ospedale che ha ricoverato il figlio ha intentato una causa. Adam Henry è malato di leucemia e solo una trasfusione può salvarlo, tuttavia i genitori la rifiutano in quanto testimoni di Geova. Fiona ascolta le deposizioni dei genitori, dei membri della loro chiesa e degli specialisti che hanno in cura il ragazzo, infine decide di andare a parlare con Adam.
Il giovane che si trova davanti è fermamente convinto dei precetti della propria fede ed è d’accordo con i genitori nel non procedere con la trasfusione. Fiona lo ascolta attentamente, cercando di decidere quanto il ragazzo sia padrone di sé stesso, quanto sia influenzato dai genitori e dalla propria religione. Adam ha quasi diciotto anni e il confine fra la sua volontà e la legge che protegge i minori è più labile. Fiona scorge nel ragazzo un grande entusiasmo per la vita, è intelligente, brillante, divertente e ha un vero talento per suonare il violino. Si pronuncia in favore dell’ospedale e Adam Henry ha salva la vita.
Passano i mesi e la situazione di Jack e Fiona diventa stabile, seppur tesa. Lui ha lasciato l’amante ma non smette di essere adirato con la moglie per essersi allontanata, mentre la situazione rende lei ancora più caustica nei suoi confronti. Nel frattempo Fiona viene a sapere da una lettera di Henry stesso che il ragazzo si è ripreso, inoltre chiede più volte di incontrarla e le parla dei dubbi che ha sulla propria fede. Una sera, mentre Fiona partecipa ad una trasferta per lavoro, il giovane la bracca e la costringe a parlargli, riuscendo a rubarle un bacio a fior di labbra. Fiona lo carica su un taxi e lo rimanda a casa, cercando di dimenticare il prima possibile la faccenda.
Qualche mese dopo viene a sapere che Adam è morto. Ripresentatasi la leucemia il ragazzo ha rifiutato la trasfusione e non è sopravvissuto. È allora che Fiona si rende conto della leggerezza che ha usato con lui, rifiutando l’aiuto che egli chiedeva. Confessa tutto a suo marito Jack, in una serata che li riappacifica e distende finalmente i loro rapporti, permettendo a entrambi di tornare a capirsi.

Questo libro ha l’onore di essere l’eccezione che conferma la regola. Invece di fare come mio solito infatti, e lasciare la trama a metà per farla scoprire ai lettori, l’ho raccontata tutta senza tralasciare dettagli. Era come se avessi bisogno di farlo per poter analizzare il romanzo, e quindi ecco qui! Il fatto è che per parlare di “La ballata di Adam Henry” non si può lasciare la trama a metà, perché è pieno di emozione dalla prima all’ultima pagina.
Intanto cominciamo con il dire una cosa, ho trovato angoscioso come Fiona si accorga alla fine, quando è ormai troppo tardi, di aver rifiutato aiuto al ragazzo. Senza rendersene neanche conto, ha pensato che Adam si fosse preso una sorta di cotta adolescenziale, ha messo subito da parte i suoi dubbi riguardo alla religione, senza capire che quello che lui cercava era un guida, e la stava cercando in lei. I rimpianti di Fiona sono comprensibili e smuoverebbero un cuore di pietra: se fosse stata più attenta, se  si fosse confidata con qualcuno e avesse chiesto consiglio, se avesse incontrato il ragazzo o i suoi genitori, forse lui sarebbe vivo. Invece ha tenuto tutto nascosto e Adam è morto in quello che sembra un suicidio mascherato dietro convinzioni religiose – convinzioni che il ragazzo non condivideva più.
E il personaggio di Adam… non ci sono altre parole, è meraviglioso! McEwan ha dipinto l’età più bella, più luminosa, in maniera vivida e potente. L’entusiasmo, la scontrosità, le disperazioni e le gioie che sembrano non avere mai fine durante l’adolescenza, come se non ci fosse un domani e i ragazzi dovessero rimanere ragazzi per sempre. Ho adorato Adam Henry, mi ha commossa e mi ha fatto tenerezza, come pochi personaggi letterari hanno saputo fare.
Oltre a questo il tema della religione mi ha fatta riflettere molto, ma come al solito non sono arrivata a nessuna conclusione! Tuttavia mi ha colpita l’immagine dei coniugi Henry, che combattono per tener fede alle loro convinzioni, d’accordo con loro figlio, ma piangono di gioia quando il verdetto del giudice lo salva da una morte certa. Piangono perché non verranno espulsi dalla loro comunità per aver optato per la trasfusione, ma allo stesso tempo avranno il loro figliolo salvo perché non possono opporsi alla decisione del tribunale e Adam vivrà. Hanno, come si suol dire, la botte piena e la moglie ubriaca.
L’immagine della coppia devota che, pur costretta ad andare contro i suoi principi, ne è felice, mi ha lasciato destabilizzata. Comprensibilissimo certo, con me poi, che non sono mai stata credente, si sfonda una porta aperta. Tuttavia mi ha colpita come la fede e l’amore per i propri cari entri in conflitto, e come esistano persone che mettono avanti il proprio credo anche alla vita, e non so dire se sia bene o male.

Per concludere, questo romanzo da un centinaio di pagine mi ha tirato fuori considerazioni che libri ben più lunghi non hanno saputo nemmeno stuzzicare! Alla luce di ciò, l’unico modo in cui mi sento di concludere è dicendo: lo consiglio proprio a tutti.

2 commenti:

  1. Sembra una di quelle storie che strizzano lo stomaco... bella, però, e per niente banale. :)

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    1. Sì in effetti mi ha un po' angosciata ad un certo punto, soffrivo per i protagonisti! Però alla fine mi è piaciuta :)

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