Non sono nata con la passione per
il viaggio, da bambina non mi immaginavo in terre lontane, vestita da
esploratrice, a scoprire nuovi mondi. Fu una gita scolastica a Parigi a
insegnarmi la bellezza di scoprire una città nuova, sentire l’atmosfera che vi
si respira, fare attenzione ai piccoli dettagli che la rendono diversa da ciò
che conosciamo.
Complice il fatto di essere
abbastanza grandi e in compagnia di ragazzi più piccoli, cui i
professori prestavano più attenzione, invece di una gita sembrò una vacanza fra amici.
Ricordo le corse in metro per rispettare gli orari imposti dagli insegnanti, ma
anche le soste nei parchi a riposare e guardarci in giro, i musei immensi, i
colori vividi della città, le stradine tortuose e i grandi viali. Ricordo la
sensazione di serenità, come se tutto corresse veloce attorno a me ma io avessi
la possibilità di prendermela con calma e godermi il momento.
Ho sempre una parola buona da
spendere per Parigi e da quando l’ho lasciata attendo solo il momento di
tornarci (è che ci sono così tanti posti da vedere, e un luogo nuovo suscita
sempre più curiosità di uno già visitato). Per questo probabilmente fui così
felice quando scoprii un romanzo storico ambientato proprio a Parigi, che ripercorre
la storia della città dal medioevo all’illuminismo, dalla rivoluzione francese
al periodo dorato della belle epoque, per poi sprofondare nell’occupazione
tedesca e nel periodo della resistenza.
La narrazione si apre nel 1885,
il giorno dei funerali di Victor Hugo. Come era stato festeggiato il suo
ritorno in Francia dopo l’esilio, allo stesso modo la gente scende in piazza
per dargli il definitivo addio. La folla si accalca nelle strade della capitale
per omaggiare il grande autore seguendo il corteo funebre, ma le persone sono
così tante che Thomas Gascon è costretto ad arrampicarsi su un edificio per
vedere qualcosa, ed è in quella che vede una ragazza, così bella che decide che
un giorno la sposerà.
Ci vuole un po’ per scoprire se
Thomas riuscirà o meno nel suo intento. Infatti mentre lui e suo fratello Louis
si arrangiano come possono per procurarsi da vivere (chi come operaio per
monsieur Eiffel e chi come cameriere al Moulin Rouge), altre vicende e
altri personaggi compaiono nella narrazione. I Gascon sono infatti solo una
delle famiglie coinvolte, e nemmeno la più antica.
Abbiamo Jaques Le Sourd,
discendente di colui che veniva soprannominato Ammazzaratti di Parigi, ed erede
di nulla più che un sentimento di odio verso i nobili che hanno assassinato suo
padre e il desiderio di vendetta verso uno di loro in particolare. La famiglia
De Cygne, nobili con un titolo più importante delle loro finanze, che tuttavia
godono ancora di una certa reputazione, nonostante la posizione dei nobili sia
sempre più in discussione. Dall’altro lato i tre fratelli Blanchard, borghesi
il cui padre ha saputo mettere in piedi un impero e facenti parte della nuova
classe di ricchi. Infine la famiglia di Jacob il mercante, ebrei tornati a
Parigi da poche generazioni, ignari dei pericoli che il secolo breve ha in
serbo per loro.
Queste famiglie sono la
rappresentazione di ciò che significava far parte di una determinata classe
sociale, in un periodo in cui i contorni delle classi sociali, una volta netti,
cominciano a sfaldarsi e mischiarsi. Le vicende principali inoltre hanno luogo
in un paese ancora in subbuglio, fra sostenitori della monarchia e della
repubblica, fra chi spera in un secondo Napoleone e chi curiosa fra marxismo e
leninismo, senza dimenticare le glorie della rivoluzione e gli orrori del
terrore.
La storia principale copre un
arco di circa cento anni ma, a fare da stacco nei modi e nei momenti giusti, le
vicende della Parigi antica, quella dove le famiglie che impariamo a conoscere sono
protagoniste di vicende che cambieranno il corso della loro storia futura. La città
medievale ci racconta delle origini della famiglia di Jacob ben Jacob e di come
si salvò dalla cacciata degli ebrei dalla Francia. Anni dopo scopriamo come i
Le Sourd abbiano radici profonde nella storia della città, seppure come ladri e
ingannatori. La corte del re Sole invece narra come la famiglia De Cygne si
salvò dall’oblio, e prima ancora come una ramo raggiunse il nuovo mondo e lì
prosperò, nelle sconfinate terre del Canada.
Leggendo “Paris” è subito chiaro
che Rutherfurd ha compiuto un grande lavoro di studio, spaziando in ogni campo
toccato dalla narrazione. Dalla storia della città e della Francia ai piccoli
particolari dei sobborghi di Parigi, come il Maquis abitato dalla famiglia
Gascon (che oggi non è più un sobborgo ma fa parte del cuore della città). Da
questioni tecniche su come vennero costruite la torre Eiffel e la Statua della
Libertà, ai giardini di ninfee di Claude Monet, che egli stesso fece costruire
e coltivò nella sua proprietà. Molto spesso si tratta di dettagli che poco
hanno a che vedere con la storia, ma che hanno il potere di renderla più reale.
I fatti storici sono veri e
verificabili e anche i personaggi che non sono nati dalla penna dell’autore
(Monet, Eiffel, Hemingway) hanno un realismo tutto particolare. Mi è capitato
di leggere altri romanzi nei quali comparivano figure storiche realmente
esistite, e non sono mai sembrati naturali. Gli autori muovevano questi
personaggi in modo goffo, intimiditi dalla loro fama. Mi sembrava di avere a
che fare con personaggi che l’autore non riusciva a far quadrare, con i quali aveva
timore di sbagliare pur essendosi documentato. Rutherfurd invece è riuscito a
rendere protagonisti anche pittori, autori e politici di spicco come se fossero
personaggi inventati. Non avevano più importanza di altri, non declamavano
frasi poetiche, ed era facile immaginarli a Parigi in un bistrot o a passeggio
in un parco assieme agli altri protagonisti, dimenticandosi che hanno fatto la
storia e vedendoli come semplici persone, esattamente come dovevano apparire all'epoca.
Devo ammettere che è passato un
po’ di tempo da quando ho finito di leggere questo libro. Solo ora mi decido a
scriverne la recensione e, nel frattempo, è finita una stagione, ho finito di
leggere altri romanzi, ho appeso dei quadri in casa e i ricordi di questo libro sono sbiaditi. Per un attimo, prima di iniziare, avevo la
tentazione di lasciar perdere perché non ricordavo alla perfezioni tutto e mi
dispiaceva non essere precisa, perché l’ho letto con gli occhi che brillavano.
Se avessi scritto subito
cosa pensavo di “Paris” ne sarebbe venuto fuori molto di più. Eppure anche
così, a qualche mese di distanza, mi scopro a pensare con nostalgia alle
atmosfere della vecchia Parigi, e il desiderio di tornarci è sempre più grande.
Leggerò altro di Edward Rutherfurd, questo è certo, a quanto ho capito i suoi
romanzi sono più o meno dello stesso stampo, ma tutti in luoghi diversi. Un
ottimo modo per scegliere la prossima destinazione delle vacanze!
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